Le virosi del vigneto
e considerazioni sulla loro espressione
Quando iniziai il mio lavoro nella selezione dei vitigni, ebbi l’opportunità di incontrare ottimi ricercatori specialisti dei virus della vite (Vitis vinifera sativa) a Bari, Bologna, Milano, Torino.
Si stava potenziando la selezione clonale e lo studio della virologia era fondamentale: anche la miglior selezione se non superava il test per alcuni virus ‘pericolosi’ veniva abbandonata.
Grazie a questi insegnamenti, proseguii successivamente le selezioni soprattutto attraverso la loro verifica di comportamenti in ambienti di coltivazione differenti.
Constatai come molti virus convivono mutualmente col vitigno migliorando quasi sempre la qualità del vino (= meno vigore, produzione + limitata, buccia degli acini più spessa, maggiore stabilità produttiva negli anni, minore sensibilità verso alcune avversità). Niente di nuovo peraltro perché queste osservazioni le avevano già fatte i nostri viticoltori molti anni prima. L’ambiente di coltivazione e soprattutto la tipologia del terreno sono responsabili di differenti espressioni dei virus, spesso latenti nella pianta stessa. Allo scopo riporto espressioni ben conosciute presso i viticoltori del Monferrato: “tera da vi’ riunde” (su quel terreno puoi mettere le migliori piante ma è certo che dopo alcuni anni cominceranno a deperire progressivamente). Imparai presto che le patologie ed in particolare alcuni virus del vigneto si manifestano diversamente in relazione all’ambiente di coltivazione.
Così ho pensato di scrivere le considerazioni a seguire: in queste settimane assistiamo al contagio degli uomini da parte del virus “corona”.
Preciso subito che mai entrerò sul soggetto; desidero semplicemente esporre alcune personali considerazioni e soprattutto portare alcune domande agli esperti. Mi scuso subito col mondo scientifico medico che meravigliosamente sta producendo risultati rimarchevoli con un impegno molto tenace unito al grande sacrificio.
È documentato come l’infezione più importante si sia concentrata nel Lodigiano (Montanaso L., Sant’Angelo, Lodi, Codogno, Casalpusterlengo) e Cremonese, zone che conosco bene per avervi vissuto e frequentate per quasi dieci anni, dal 1969 al 1977.
Prima domanda: perché proprio lì? E come mai non a Varese o in Brianza… dove gli scambi nei contatti di persone da tutto il mondo sono immensamente più importanti?
Provo a descrivere, dal punto di vista agricolo, alcune caratteristiche di questi territori che, a mio parere, sono cambiate negli ultimi 45 anni:
- la monocoltura colturale del mais sempre più presente
- la perdita importante di biodiversità vegetale ed animale
- la vasta superficie agricola ripetutamente investita da diserbanti, fertilizzanti chimici
- gli importanti volumi di acqua per l’irrigazione
- la sempre più alta concentrazione degli allevamenti bovini
- la presenza del macello animali (il più grande d’Europa)
- la presenza importante di industrie di trasformazione del latte o di transito per altre destinazioni
Con queste premesse ecco alcune domande:
- quanto può durare un simile modello agricolo?
- potrebbe avere effetti collaterali sugli abitanti dei luoghi? Cosa raccontano le statistiche delle patologie?
- quanti e quali sono gli effetti non favorevoli a valle di tali zone di agroindustria?
- sarebbe ipotizzabile che lo sviluppo del coronavirus, sia stato anche favorito su un tale territorio rurale da un habitat più favorevole?
- potrebbe lo stress tangibile nelle città grandi (esempio Milano) favorire l’influenza di massa?
Desidero ancora ripetere come questi miei pensieri e domande hanno unicamente lo scopo di non lasciare nulla non indagato e soprattutto, da un momento difficile, provare a ripartire meglio. Le complessità biologiche dei luoghi ci stimolano anche ad essere sempre prudenti nel volgere a conclusioni rapidamente. Vi invito a vedere questa lettura: https://youtu.be/AMqWher3wXg
Ritengo di aver titolo per affermare che questo modo di produrre cibo deve esser ripensato: questa sarebbe la vera innovazione!
Penso a quanti in questo momento sono affetti dal virus, per loro ho grande rispetto e offro la mia solidarietà, incoraggiamento e gratitudine per chi tanto si impegna sul campo per aumentare ogni importante conoscenza in materia.
Ringrazio molto chi vorrà partecipare a questi miei pensieri.
Commenti
Un commento su "Le virosi del vigneto"
Renzo ……. un abbraccio!
Gianni