Il vigneto e la sua irrigazione: una storia recente e controversa
Fin da ragazzo ho frequentato il vicino Vallese ed anche il Canton di Vaud, gite più o meno prolungate per coglierne le bellezze paesaggistiche non solo agricole, il silenzio e la tranquillità.
Mi sono spesso domandato come mio bisnonno Luigi abbia potuto viaggiare tra le Alpi fino a Ginevra, negli ultimi decenni dell’Ottocento, alla ricerca di tutte le componenti per costruire gli orologi e che, pazientemente, ricomponeva nelle casse di avorio da lui preparate col tornio a pedali, partendo da una palla da biliardo scheggiata e quindi priva di valore. Un artigianato raffinato, che produceva orologi cosi speciali che hanno segnato la storia delle nostre economie poliedriche sulle colline di Asti: vivere in campagna, produrre grano, vino, frutta, ortaggi, carne ed..essere artigiani per meglio valorizzare il periodo invernale, mentre la campagna concedeva una tregua.
Ho avuto questi pensieri perché, lo scorso luglio, ho ricevuto un graditissimo invito, da parte di Emmanuel Estoppey, a visitare il Lavaux ed il Vallese, vigneti ‘giardino’e patrimoni di rare bellezze: cosi ho ancora avuto la riprova che dove c’è stata la storia del buon vino, come per magia, si è creata la bellezza dei luoghi, delle culture, dei racconti necessari.
Nel Vallese, la visita che meno ho apprezzato, è stata quella alla ‘centrale di irrigazione’ per le vigne, un complesso meccanismo di sofisticata tecnologia che, con dovizia di dettagli, ci veniva spiegata in ogni sua funzione. Confesso quindi che non ero particolarmente attento ..e poco a poco lasciai il piccolo gruppo di ospiti per osservare le vigne ed i dintorni, spettacoli imperdibili. Vedendo l’irrigazione a pioggia su alcuni vigneti, presi lo spunto per scrivere una riflessione sull’utilizzo dell’acqua nella vigna con qualche altro confronto di suo utilizzo agricolo.
Innanzitutto ritengo fondamentale ricordare l’impareggiabile valore dell’acqua quando l’obiettivo è produrre cibo prezioso (es. il riso) ed il Canale Cavour (85 km, 100m3/s), un’opera costruita per l’agricoltura in tre anni (1863-66) costituisce un ammirevole esempio e fiore all’occhiello dell’ingegneria idraulica italiana. Ci consente anche il primato europeo nella produzione di riso dove Piemonte e Lombardia rappresentano oltre il 90% della superficie coltivata a riso (circa 217000 Ha) in Italia.
L’acqua di irrigazione in agricoltura trova anche impieghi sempre meno convenienti (si stanno mettendo in discussione, persino in California, i volumi d’acqua e le modalità di somministrazione in pomodoro, bietola, mais) proprio al fine del risparmio d’acqua e quindi a vantaggio del bilancio aziendale e delle risorse naturali sotterranee.
In Italia il vigneto, da pochi decenni, è anch’esso irrigato artificialmente in alcune regioni, soprattutto Puglia e Sicilia; il volume irriguo stagionale per uva da vino oscilla intorno a 1000 m3/Ha mentre per l’uva da tavola tale valore perlomeno si raddoppia . Il pozzo di approvvigionamento dell’acqua ha profondità variabile da un minimo di 300m fino a superare i 600m di profondità (realizzare un pozzo costa circa 100€/ al m di scavo).
Tutto questo significa che abbiamo cambiato, talvolta, il nostro modo di fare viticoltura cercando di rendere tutto più facile: il sistema di allevamento, la gestione colturale, la meccanizzazione spinta compresa la raccolta che, con l’apporto irriguo, minimizza il rischio produttivo. Questo modello di produrre vino è largamente impiegato in Paesi che non hanno la storia del bacino del Mediterraneo come Argentina, Australia, California, Cile, Nuova Zelanda, Sud Africa; l’acqua di irrigazione è il motore di tutto e noi ‘beviamo’ dei vini che derivano da un uso più o meno razionale di acqua di falda consumando risorse che sarebbero ben più adeguate per produrre cibo che non per realizzare una ‘bevanda’ variamente annacquata, senza carattere dei territori e che abbondantemente invade il globo intero, anche a prezzi miserabili.
A mio parere ci sono alcune osservazioni sulle quali riflettere e che provo a sintetizzare :
- Il vino non costituisce una necessità primaria, e sarebbe meglio non fosse trattato come commodity al pari di tante altre produzioni agricole ma dovrebbe rappresentare valori veri di territorio attraverso la migliore espressione delle risorse naturalmente presenti e che ne forgiano il carattere ogni stagione;
- La vite, Vitis vinifera sativa, è una pianta dotata di elevata tolleranza verso la scarsa disponibilità di acqua; per questo il sistema di allevamento ad alberello costituisce la migliore architettura della vegetazione e la più efficace in ambienti nei quali l’acqua è scarsa, realizzando una efficiente attività fisiologica, con un favorevole bilancio energetico. Ma soprattutto si garantisce più elevata qualità dell’uva e meno problematiche di patologie, ovvero più ricchezza in polifenoli e in tutte quelle componenti che più conferiscono carattere al vino. La corretta gestione dell’alberello, soprattutto nella potatura, limita le ferite e quindi anche le malattie del legno; non da ultimo la sua durata produttiva può essere lunghissima, anche centenaria ed oltre se ben curata.
- Il vigneto realizzato per la grande efficienza meccanica e con apporti irrigui, si realizza quasi sempre con sistema di allevamento in contro spalliera e potatura a cordone unilaterale, quindi ha un grado di invecchiamento rapido e nel volgere di 20/25 anni il suo declino è evidente.
- Il terreno sul quale si realizzano queste coltivazioni spesso anche molto estese, incorre in problematiche molto gravi come il compattamento, la perdita di materia organica, la scarsa funzionalità capillare (disponibilità naturale dell’acqua) ed accresce un degrado che comporta la perdita di efficienza delle piante. Si instaura un consumo significativo di risorse fondamentali e non ripetibili a fronte di un bilancio spesso fermo ai soli costi colturali.
La preziosità dell’acqua in agricoltura deve essere riconsiderata attentamente ed il suo utilizzo più consapevole e razionale, per tutte le produzioni.
Nel produrre vino bisogna maggiormente considerare che non è esclusivamente una scelta economica confinata tra costi e ricavi senza approdare alle conseguenze molto più ampie che vengono prodotte, compreso la perdita di altri habitat (boschi, prativi ecc.)
Il ritornare a verificare scelte antiche di sistemi e metodi di coltivazione della vite, l’uso più conservativo delle risorse di base (suolo, acqua, materia organica) potrebbero costituire premesse per un più equilibrato sviluppo di questo meraviglioso prodotto che è il vino, che non può diventare banale e ‘costruito’ senza anima e senza storia: ci deve invece portare gioia, deve continuare a stupirci per darci necessarie e forti emozioni.
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